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Enzo Minarelli
Visto da Philadelpho Menezes

L'opera poetico-sonora di Enzo Minarelli si presenta come un punto di riferimento per la poesia sperimentale in quest'ultimo decennio di secolo. Se il creatore delle poetiche sonoro-tecnologiche degli anni 50, Henri Chopin, ha fatto, con ragione e rigore, una divisione tra la prima sperimentazione fonetica delle avanguardie storiche e la sua sperimentazione attraverso le apparecchiature elettroacustiche, bisogna a questo punto capire bene che specie di poetiche sonore abbiamo oggi e il ruolo centrale sviluppato dalla 'polipoesia' di Minarelli, creata negli anni '8O.

Mentre la poesia sonora, secondo Henri Chopin, sfruttava le potenzialità tecnologiche che permettevano alla voce di raggiungere nuovi livelli, la poesia fonetica d'avanguardia rimaneva dentro i limiti di voce pura, dove il corpo partecipava come estensione della vocalità nelle performance primigenie. Già il corpo nella poesia sonora tecnologica poco a poco spariva come corollario di una poetica soprattutto preoccupata della grande possibilità delle registrazioni acustico-sonore.

Un'altra prospettiva si inserisce dentro la poesia sonora degli anni '80 in poi e questo si deve radicalmente allo sviluppo delle forme di registrazione della visualità, come il video. Ed è proprio la combinazione con altri linguaggi che segnala la estetica della "polipoesia", un nome inventato da Minarelli ma che può benissimo essere adoperata a definizione dell'opera di tanti altri poeti sperimentali contemporanei. E' una poetica che si può dire impura, nel senso della diversità che tutta la sua impurezza ci offre, o ibrida, perchè non si fa solo nello spazio della voce - anche se la voce è il perno attorna alla quale tutto ruota - ma è qui che il corpo ritorna, qualche volta contro la sonorità vocale, spingendoci verso la visualità delle cose vive, del poeta dentro il palcoscenico che proprio quando pre-adopera la tecnologia, la modifica nella scena come se la volesse sia artigianale - l'uso dei suoni di oggetti del quotidiano - sia multimediale, con la presenza del linguaggio della visualità videografica. La polipoesia minarelliana è quindi sempre aperta all'improvvisazione dell'autore, nell'incrocio tra la tecnologia e le sonorità del mondo fisico. La perfetta conciliazione tra la intenzione teorica e la tensione poetica è un'altra caratteristica importante della poesia di Minarelli: mentre la prima poesia fonetica delle avanguardie storiche si nutriva dei manifesti polemici e di regola provocanti, e la poesia tencologica degli anni '50 e '60 si centrava nel discorso tecnico o storiografico praticamente assente di intenzioni teoriche più rigorose, la teoria della "polipoesia" è caratteristica di un periodo posteriore in cui il ritorno della ragione teorica, per i poeti sperimentali più coscienti delle loro strumentazioni, è base necessaria per la sperimentazione con i nuovi linguaggi e tecniche. Contemporanea al mio tentativo di fissare una teoria della "poesia intersegni" come base di una poetica che si realizzi nel nesso formale e semantico tra segni verbali, visuali e sonori, la teoria della "polipoesia" viene pienamente espletata nel campo delle poetiche performance che fanno di Enzo Minarelli oggi uno dei più riconosciuti poeti della mondializzazione della poetica sperimentale e multimediale.

Philadelpho Menezes
Pontificia Università Cattolica di San Paolo del Brasile


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